Quando Demis Martinelli mi ha chiesto di curare la sua mostra per bunkervik , “Omaggio alla natura”, sapevo che avrei incontrato una proposta di grande forza e lievissima bellezza; sapevo inoltre che sarebbe stato il mio ultimo impegno lavorativo prima della pensione.
Ho avuto la fortuna, nell’ultima parte del mio lavoro, di incontrare artisti ed artiste di grandissimo valore, sensibilità profonda, sguardi sul mondo da prospettive e luoghi spesso inusuali, inaspettati, punti d’osservazione che avevano la caratteristica di stupire, incantare – oppure scuotere – e, al tempo stesso, raccontare della nostra condizione, del nostro passaggio sulla terra, con lingue sconosciute, spesso misteriose eppure subito apprese, come fossero state custodite, e poi dimenticate, in chissà quali anfratti delle nostre esistenze: la forza stupefacente dell’arte!
Una delle due parti di cui è composta la mostra di Martinelli si chiama “Pace”. È un’installazione di grandissima forza.
Sicuramente ci sono stati medici e chirurghi, persone che hanno curato – salvato! – vite umane, che pure avranno preso le armi, che avranno combattuto durante delle guerre, che avranno ucciso, ferito, violato, sfigurato. Sicuramente sarà accaduto, nella storia, anche ad artisti ed artiste, scultori, musiciste, danzatori, teatranti. Eppure sono sicuro che la gran parte di loro non potrebbe mai, in nessun caso, uccidere, e mai partecipare a una guerra! Se accadesse ognuno ed ognuna di questi ultimi “morirebbe” in quel medesimo istante.
In questi giorni tristi e terribili, durante i quali la guerra – che non ha mai abbandonato intere parti del globo – è tornata ancora una volta in Europa, c’è un pensiero – nell’arte ha la sua espressione più luminosa – che ci richiama a noi stessi. Si può lottare, si può resistere, senz’armi, senza assassinio, senza uccisioni. La storia – tanto irrisa da quelli che la sanno lunga – ce lo ha mostrato innumerevoli volte. A costo di morire, si può. Se uccidessi qualcuno morirei anch’io, in ogni caso, in quel medesimo istante.
Alcuni, tanti, ci dicono: “noi siamo contro la guerra ma quando ti aggrediscono, quando un paese ti invade, è obbligatorio rispondere con le armi”. Sono contro la guerra ma se qualcuno ti fa la guerra bisogna fare la guerra.
Secoli di pensiero, di riflessioni, di filosofie, di libri, di sculture, di testi sacri, di suoni irrichiudibili, di musica inarginabile; secoli di orrori, secoli di dresde, di guerniche, di fallujie, secoli di omicidi buoni e omicidi cattivi, di assassinio giusto e assassinio sbagliato. Secoli di inutili versi, di inutili poete e inutili poeti. Secoli accartocciati e gettati nel cestino dei rifiuti dell’umanità.
Secoli di patriarcale dominio della forza bruta e violenta, che mentre posa una panchina rossa versando, per l’ultima donna ammazzata, qualche lacrima stinta di bigiotteria, con la mano nascosta arma lo stupratore, i violentatori, gli dice che ha il suo stesso, identico, pensiero. Tutto si può ottenere, e risolvere, con la forza bruta e violenta, imbracciando un’arma, eliminando, diminuendo, o riducendo a cosa, ogni ostacolo umano, davanti a sé.
Debbo ringraziare tutti gli artisti e le artiste che ho incontrato. Sono stati battito e onda, per me. Debbo ringraziare Demis Martinelli che con le sue formidabili opere mi ha stretto in un abbraccio indimenticabile, come i silenzi luminescenti delle sue sculture.
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Di seguito il testo di curatela che ho scritto per lui. La mostra, inaugurata il 14 maggio, si concluderà il 29 maggio 2022.
Omaggio alla natura
C’è una galassia sotterranea. Dentro un buio profondo, dolce, emergono presenze leggere, evanescenti. Astri traforati, ricamati da filo d’ottone, d’acciaio, di rame. Lo spazio si allarga e si fa denso tra le opere di Demis Martinelli. Prende respiro. Ogni globo, ogni pianeta, racchiude e protegge un tesoro, un nucleo ancora caldo – oppure fossile – di elementi che riflettono il passaggio dell’esperienza umana sulla Terra. Pietra lavica, corteccia, oppure bambù, alga, argento fuso, ciottolo di fiume, seme, sabbia nera. “Omaggio alla natura”, la personale dell’artista soncinese allestita a bunkervik, aggiunge un nuovo passaggio, un ponte di madreperla e di giaietto, al suo lungo percorso artistico. I suoni e la musica dei John Qualcosa e Mattia Degli Agosti trasfigurano a tratti il rifugio in un antro primordiale, laddove la voce – oppure le grida? – si fondono con la terra, con il raggio infinitesimale della vita, con l’incedere lento e il tuonare di un battito. Bunkervik, ancora una volta, non è solo un luogo, sia pure singolare, dove una proposta d’arte entra in dialogo con lo spazio, ma esso stesso si manifesta come una dimensione nuova, ancora nascosta, dell’artista. Un suo nuovo mondo, una sua raffigurazione. Così com’è accaduto per Demis.
Tuttavia la mostra si apre, all’esterno del rifugio, con una poderosa installazione di sette monoliti in ferro su ognuno dei quali è stato colato un colore della bandiera arcobaleno. Le sculture, altissime, sono intrecci, inviluppi, di decine di aste metalliche indirizzate al cielo, in viaggio per raggiungere le nuvole, l’azzurro, la notte. In volo per quella galassia che si materializzerà solo nelle viscere della Terra. L’installazione, posta nell’emiciclo esterno a bunkervik, ha un nome asciutto, potente: Pace!
Quei nodi, quei viluppi, sono la trama che lega ogni genere, ogni esistenza, la natura intera, tutto il creato, sotto uno stesso issezionabile blu. Quell’intrico ci stringe e ci avvince. Eccola la parola, la dimensione umana. Avvincere, stringersi forte, legarsi l’uno all’altro. Non il vincere che lega, che nega, che ha paura della pelle, dell’odore, di ciascuno e di ciascuna, che ha terrore del corpo, dell’amore ma anche dell’urlo, del furore, del sudore.
La pace possente, nuda e scintillante, che ci propone e ci raffigura Demis Martinelli, passa dalla forza del ferro e del fuoco dell’artista, del miglior fabbro, del poeta, non dallo strazio, dall’assassinio, dalla sopraffazione, di cui è intrisa la viltà della guerra, di ogni guerra. Oggi più che mai è di questa “scienza” che abbiamo bisogno. Di questa passione.
Mimmo Cortese, maggio 2022
Nota: le parti in arancio sono link a pagine citate.